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I referendum contro le disuguaglianze

C'è un filo, nemmeno tanto sottile, che lega i referendum della CGIL e la lotta contro le disuguaglianze. 

Secondo una recente analisi di Oxfam (che passa al setaccio il “Janus Henderson Global Dividend Index”, che rileva l'andamento del 90% dei dividendi globali su base annua), nel periodo 2020-2023 i dividendi per gli azionisti dalle 1.200 società a più elevata capitalizzazione a livello globale sono aumentati, in termini reali, 14 volte più velocemente delle retribuzioni medie dei lavoratori di 31 Paesi (che rappresentano l'81% del Pil globale).
In Italia, nello stesso arco temporale, i dividendi delle maggiori compagnie nazionali hanno registrato un incremento in termini reali dell'86%  mente i salari, sempre in riferimento al potere di acquisto reale, hanno segnato un calo di circa il 13%.
Questa è una ulteriore conferma di quanto sostengo in "Riscoprire il conflitto, Dal neoliberismo al neolaburismo" e cioè che le politiche neoliberiste portano alla crescita delle disuguaglianze ed all'aumento del divario tra pochi ricchi sempre più ricchi e una moltitudine crescente di poveri, categoria in cui entrano continuamente persone e famiglie che, pur lavorando (e spesso ammalandosi o morendo di lavoro) si impoveriscono.  

I 4 referendum promossi dalla CGIL che si occupano rispettivamente di:
1. Abrogazione delle norme che impediscono il 
reintegro al lavoro in caso di licenziamenti illegittimi. In sostanza, si chiede che venga abrogato il D.Lgs. n. 23/2015, cioè il contratto a tutele crescenti figlio del jobs act.

2. Abrogazione delle norme che facilitano i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese. 
Si vuole eliminare il tetto massimo di indennizzo in caso di licenziamento illegittimo per i lavoratori delle imprese con meno di 15 addetti.

3. Abrogazione delle norme che hanno  liberalizzato l’utilizzo del lavoro a termine.
Sì intende ripristinare l’obbligo di indicare la causale per il ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato.

4. Abrogazione delle norme che impediscono, in caso di infortunio sul lavoro negli appalti, di estendere la responsabilità all’impresa appaltante.
Si mira ad estendere la responsabilità dell’impresa committente/appaltante per i danni derivanti dagli infortuni sul lavoro subiti dai dipendenti dell’appaltatore e del sub-appaltatore oltre la quota indennizzata dall’INAIL (danno differenziale).
Sì vuole, quindi, ripristinare la responsabilità solidale negli appalti.

Cos' è, dunque, che lega, a mio avviso, i due temi? 
I referendum, ai quali se una critica si può muovere è quella di essere fin troppo "moderati" in quanto ad obiettivi (tra le riforme che propongo nel mio saggio, ci sono misure più nette), fondamentalmente contrastano la precarietà imposta, sotto le mentite spoglie della flessibilità, al rapporto di lavoro subordinato. 
Se questi referendum, dunque, rappresentano una messa in discussione di un modello imposto dal neoliberismo, allora essi possono anche contribuire a rallentare la galoppata della crescita delle disuguaglianze. Contribuire, ovviamente, e non risolvere. Perché il cammino sarà lungo.

Il referendum abrogativo sancito dalla Costituzione rappresenta uno strumento di lotta politica e sindacale che anche il Sindacato deve riscoprire. È un' "arma" da usare nel conflitto. Legale, lecita e che, al di là del risultato (ricordiamo l'ostacolo, durissimo in temi di sempre più bassa affluenza alle urne, del quorum del 50% + 1 degli aventi diritto) ha il merito di spronare quelle forze politiche che dovrebbero rappresentare le istanze del mondo del lavoro ma che, inebriate dai canoni del neoliberismo e dal mito della flessibilità, tentennano e fanno il gioco della controparte. E può fare chiarezza tra chi sta da una parte, quella del lavoro, e chi dall'altra, quella del capitale.

In chiusura, evidenzio che dopo le imminenti elezioni europeee dell'8 e 9 giugno prossimi, Mario Draghi dovrà consegnare alla presidente uscente della Commissione europea Ursula von der Leyen, dalla quale è stato incaricato, un rapporto sulla “competitività” dell’Unione. Il tema fondamentalmente è la concorrenza di Cina e USA alla UE e la ricetta che verrà proposta, accetto scommesse, sarà ancora una volta quella delle economie di scala e delle concentrazioni. 

Questo rapporto potrebbe essere una prima buona occasione per mettere in discussione il modello neoliberista e porre le basi per gettare i semi del NEOLABURISMO, ma non me lo aspetto che possa avvenire da parte di Draghi, tantomeno dalla prossima Commissione UE. 
Perchè la rivoluzione neolaburista ci sarà se partirà dal basso mentre queste sono ancora una volta operazioni elitarie e verticiste, che risentono della pressione lobbistica delle grandi multinazionali e sono pervase dallo spirito oligopolista e monopolista che inevitabilmente impone l' "ultraneolibersimo spinto".

I referendum rappresentano anche un buon test per allenare alla partecipazione ed alle iniziative dal basso.
Tutti a firmare i quesiti, dunque!
È possibile farlo anche on line qui.

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